Il Maestro Gichin Funakoshi è considerato il padre del karate perchè fu lui che dall'isola di Okinawa lo
introdusse in Giapppone.
Dopo una dimostrazione di Karate davanti al principe Hiro Hito in visita ad Okinawa, il Maestro Funakoshi fu
invitato dal Ministero dell’Educazione per la prima dimostrazione pubblica in Giappone (1922). Il destino
fece sì che il Maestro rimanesse a Tokyo e dedicasse il resto della sua vita ad insegnare ed a diffondere il
karatè, formando istruttori d’alto livello che portarono il l'Arte fuori dai confini del Giappone.
Funakoshi nasce a Shuri, nell'isola di Okinawa, il 10 Novembre 1868 e inizia la pratica del karatè all’età
di 11 anni sotto la guida dei Maestri dell’epoca: Anko Itosu e Anko Azato, e il Maestro Kiyuna, il Maestro
Toono, il Maestro Niigaki e il Maestro Matsumura. Egli ebbe la fortuna non solo d’imparare dai migliori
esperti dell’isola, ma, essendo egli di formazione maestro di scuola, aveva anche una gran capacità
pedagogica per trasmettere le sue conoscenze. In più, anche se appartenente ad una élite scolastica e
aristocratica di Okinawa, era rispettato soprattutto per la sua umiltà e rispetto nei confronti della gente.
I primi istruttori formati dal Maestro furono il figlio Yoshitaka Funakoshi e Takeshi Shimoda che però morì
nel 1934, Suo figlio invece, morì nel 1945 alla giovane età di 28 anni. Quello stesso anno il Maestro
raggruppò gli istruttori a lui più vicini formando lo Shotokai, “shoto” “il vento che attraversa le cime dei
pini” speudonimo con cui firmava i suoi poemi, Kai che significa unione.
A partire dagli anni 30 il karate fu introdotto nelle Università e il Maestro, come uomo di scuola, ebbe gran piacere ad insegnare nei Club di Karatè delle Università. La prima Università che adotto il karatè fu quella di Keio, che ebbe come primo capitano Isao Obata; subito dopo, nel 1931, fu fondato il club di karate dell’università di Waseda, che ebbe come primo capitano Hiroshi Noguchi. Quest’università giocherà un ruolo importante nel conservare la linea d’insegnamento del Maestro Funakoshi, anche per il fatto che Hironishi, Egami, Okuyama e Kamata-Watanabe furono anche laureati a Waseda. In ordine cronologico i capitani dell’Università di Waseda fino al 1953 furono Noguchi, Egami, Kamata-Watanabe, Todao Okuyama, Matsuo Shibuya e Tsutomu Ohshima.
Gli anziani laureati all’Università di Waseda rimasero molto fedeli agli insegnamenti del Maestro, e in avanzata età le visite alle Università diventarono, per il Maestro, i giorni più importanti nella settimana. Anche passati gli 80 anni si racconta che il Maestro evitava gli attacchi degli allievi Universitari senza sforzo. I movimenti di Funakoshi, dopo i 60 anni, diventarono più fluidi ma molto efficaci: blocchi ed attacchi intendevano attraversare l’avversario con grande energia, in un flusso attraverso tutto il suo corpo. Le posizione del Maestro variavano da naturali a molto basse per permettere questo flusso. A differenza dei giovani istruttori che pensavano che questi movimenti naturali, senza contrazione e rigidità, erano dovuti alla sua avanzata età, i suoi istruttori senior più vicini si renderanno conto che non si trattava di questo, ma che il karate del Maestro, dopo tutta una vita di pratica, era evoluto enormemente.
Intuendo quest’evoluzione Hironishi ed Egami cercarono di seguire la linea d’allenamento del Maestro Funakoshi; Egami racconta che dopo questo cambiamento il Maestro affermava che il karate poteva essere praticato da donne ed anziani perché tutti potevano scoprire questa energia. Egami rimase sempre scettico su quest’idea, e fu solo qualche anno dopo la morte del Maestro che riuscì a sentire veramente le parole del Maestro attraverso il proprio corpo. Egami, le cui foto da giovane mostrano una condizione fisica straordinaria, dovette sottoporsi a due operazioni allo stomaco che lo lasciarono privo di forza fisica e con un corpo da bambino. La scelta che fece di non lasciare l’allenamento e continuare la sua ricerca gli confermò ciò che il Maestro aveva insegnato e cioè che era possibile canalizzare l’energia e raggiungere un’efficacia estrema ancora superiore a quella che aveva sperimentato fino a quel momento, senza rigidità e spreco d’energia. Da quel momento, Egami mutò la sua pratica e il concetto d’allenamento, concetto oggi seguito dalle scuole Shotokai (Vedere la sezione Shigeru Egami).
In questi anni, fra i membri del Club di Karate di Waseda arriva un nuovo allievo, con precedenti esperienze
di Sumo, Kendo e Judo; egli capisce abbastanza presto le sensazioni che Il Maestro Funakoshi provava a
trasmettere. Quest’uomo era Tsutomu Ohshima, che non solo fu il primo esperto mandato da Funakoshi in
America per introdurvi il karatè, ma che, malgrado tutte le tendenze, sia in Giappone che all’estero, di
modificare il karatè insegnato dal Maestro, rimase fedele agli insegnamenti ricevuti e dedicherà tutta la
sua vita a trasmetterli.
Così come ha scritto nella sua autobiografia, il Maestro Funakoshi vide il Karate diffondersi fuori
dall’isola Nipponica, con la prima dimostrazione in America, nella quale egli portò Isao Obata, Toshio
Kamata-Watanabe e Masatoshi Nakayama e poi vedendo, nel 1955, ancora in vita, il suo allievo, e a quel
momento esperto, Tsutomu Ohshima partire e stabilirsi oltremare con l’obiettivo di diffondere il karate come
stile di vita, nella essenza del Budo. Funakoshi scrive lo stesso anno: “Adesso mi rendo conto
dell’importanza di mandare esperti ad insegnare il karatè oltremare.”
Il Maestro Funakoshi morì nel 1957 lasciando un’eredità di Maestri e istruttori che hanno fatto conoscere il karate in ogni angolo della terra. Egli porta il tributo d’un uomo che, salvo in una sola occasione in avanzata età, non ebbe mai bisogno di difendersi, non fu mai intrappolato nella condizione di dover dimostrare le sue abilità. Per questo il Maestro Funakoshi rappresenta lo spirito del vero Samurai, il quale diventa Maestro della spada con l’unico obiettivo di difendere il suo Lord o la giustizia, ma non è mai costretto a confrontarsi con altri uomini per provare qualsiasi cosa. Come disse il Maestro Ohshima: “…semplicemente perché, se siamo veri karateka, uomini di questo genere non meritano nemmeno di essere nostri avversari.